La missione dei genitori di Matilde
Ai cuori forti.
Volevo raccontarti una storia.
Una storia che ho raccontato a pizzichi e bocconi.
Una storia che ci ha ucciso ma che, come fenice, ci ha fatto rinascere dalle nostre stesse ceneri.
Una storia che adesso ci fa godere, totalmente e realmente, di ogni minuto di vita che abbiamo.
E questa storia voglio raccontarla dettagliatamente perché vorrei che fosse chiara a quanta più gente possibile.
Questa, adesso, è la nostra Missione.
E lei la nostra testimonial, Matilde Fatima, nostra figlia.
Era il 9 luglio 2024. MatilFati aveva febbre, bronchite e broncospasmo da qualche giorno. Il pomeriggio precedente aveva iniziato ad avere sangue nelle feci. La sua pediatra ci consigliava, allora, di andare in ps per capire che virus avesse preso. Lei pensava potesse essere una qualche forma di salmonellosi.
Ovviamente io invece, da malata di Crohn, avevo subito pensato che mia figlia stesse sviluppando qualcosa di simile alla mia patologia.
Arrivati al PS del Niguarda, iniziavano a farle gli esami del sangue. Mati non mangiava e non beveva perché aveva la gola infiammata.
Dopo qualche ora ci ricoveravano perché i globuli bianchi aumentavano velocemente. Era spenta, non sorrideva, non giocava, era molto stanca. Ci mettevano in isolamento perché, nonostante tutti i tamponi uscissero negativi, i globuli bianchi aumentavano quindi c'era per forza una infezione in atto. Le mettevano idratazione endovena e questo, col senno di poi, probabilmente l'ha aiutata non poco nei giorni a seguire. Nelle settimane a seguire.
Il 10 luglio continuavano a raccogliere campioni dal pannolino. A Luigi veniva chiesto di portare un campione al Policlinico che è l'unico centro in cui viene indagata una sorta di gastrite emolitica - così ci dicevano.
Anche questo esame - che scopriamo nei giorni a seguire essere l'analisi per Escherichia Coli produttrice di Shigatossina - risultava negativo.
Matilde continuava a mangiare poco, bere poco, vomitare e scaricarsi spesso.
Era sotto antibiotico da tanti giorni perché aveva, indubbiamente, qualche virus influenzale. Avendo una fortissima laringite, veniva idratata costantemente perché non voleva mangiare o bere.
Nella cattiva sorte, la laringite è stata la sua fortuna perché - essendo idratata H24 - i reni continuavano a lavorare ed il sangue ad ossigenare.
Per i vari tamponi ed esami servivano giorni. La sua emoglobina scendeva mentre la creatinina saliva, contemporaneamente.
Giorno 11 Luglio Matilde risultava positiva a due varianti coronavirus di dieci anni fa ma non era questo il problema.
L'emoglobina scendeva rapidamente ed i valori renali si innalzavano, c'era sofferenza, iniziavano ad andare in insufficienza.
La dottoressa temeva due possibilità: una invaginazione intestinale o la sindrome emolitica uremica - quella gastroenterite emolitica il cui campione era risultato negativo.
Ci mandava a fare una ecografia addominale. Matilde è stata la bimba più paziente sulla faccia della terra. Gonfia come non mai per via dell'idratazione, ci guardava con degli occhi da uccellino. Per il tecnico era tutto ok, nessuna invaginazione. L'ecografo, però, muoveva qualcosa nella parte bassa dell'intestino. Tornando in camera, il pannolino di MatilFati era pieno zeppo di sangue digerito.
L'emoglobina scendeva ancora.
"Il quadro clinico della vostra bambina è probabilmente compatibile con la sindrome emolitica uremica che porta insufficienza renale grave e conseguenze che devono tempestivamente essere trattate. Noi qui non siamo preparati, vi stanno già aspettando".
Ci trasferivano d'urgenza al policlinico di Milano, clinica de Marchi , nefrologia pediatrica.
Era il 12 luglio pomeriggio. Attraversavamo Milano a sirene spiegate, non capivamo niente. Luigi ci seguiva in macchina. Anche lui in palla. Sull'ambulanza io, lei, una infermiera di nefrologia e una rianimatrice. MatilFati ci guardava, mesta e silenziosa.
Quella sera ci spiegavano cos'è la seu e cosa comporta. Tutto, diretto, senza mezze misure. Mati continuava ad essere idratata perché questo serve a fare funzionare i reni che, per via dell'infezione, iniziano ad andare in sofferenza. È irriconoscibile, gonfissima. Ma ci avevano avvisato... "Sarà così e anche di più, ma poi tornerà la vostra bimba".
Pesare i pannolini ad ogni cambio, prendere la pressione, provare a riposare e vedere l'indomani come andavano gli esami.
Era sabato. I cateteri facevano flebite, in pochissimo tempo. Era pure vero che la bambina veniva da quasi una settimana di flebo. Provavano con la giugulare ma, dopo cinque minuti, eccola che usciva subito e metà viso si gonfiava a dismisura.
"Bisogna mettere un centrale".
Noi non avevamo forza di nulla, lei aveva la forza per noi. Ci portavano in TIP che sta per Terapia Intensiva Pediatrica.
Era il 13 luglio e la nostra bambina non aveva ancora compiuto 14 mesi.
Ci facevano mettere su un lettino, ci chiedevano di coccolarla mentre loro la addormentavano.
Il catetere venoso centrale, CVC, viene inserito in narcosi nella giugulare in fondo, così da non spostarsi. Quando lei era sedata, ci accompagnavano fuori. Non posso mai scordare questa dottoressa. Avrà avuto una settantina d'anni, col bastone... super sicura di ciò che faceva e ferma nelle sue parole. E tutti gli altri attorno al letto.
"Tranquilli, adesso ci pensiamo noi e poi vi richiamiamo per far sì che siate qui quando si risveglia".
Non lo so quanto è durato, forse mezz'ora, forse un'ora. Penso quasi due. Sicuramente una eternità.
Io non riuscivo a piangere, Luigi lo faceva anche per me. Lui restava muto, anche prima ed anche i giorni a seguire. Io avevo bisogno di parlare. Di raccontare quel che stava accadendo perché solo così potevo concretizzare. Non mi rendevo conto. Cosa avevamo fatto, dove avevamo sbagliato? Ce lo siamo chiesti tutti i giorni, anche dopo... e tutti ci hanno sempre dato la stessa risposta: "Voi non avete sbagliato nulla, è successo e non sappiamo come né mai lo scopriremo. L'importante è che adesso venga fuori che si tratta della tossina e non della mutazione genetica".
Questi esami richiedono giorni, settimane di attesa. Nonostante tutte le nostre conoscenze, non potevamo fare altro che aspettare.
La nostra bimba era piena di fili e tubi e sondini. Sempre più gonfia.
La sera stessa l'emoglobina si era abbassata ancora, anche a causa della manovra per il CVC quindi, invece di tornare in camera, iniziava il nostro periodo in TIP e la prima trasfusione.
Era domenica ed i reni continuavano a soffrire, faceva poca pipì.
La nostra bambina era in continua somministrazione di diuretici, antipertensivi, vitamine, proteine, sali, antidolorifici e parenterale tramite sondino naso gastrico che si tirava continuamente perché è una bambina.
"Se aumenta di molto la creatinina, domani iniziamo la dialisi" dicevano i medici di TIP, loro interventisti.
Lui invece, lo specialista di tutto questo marasma, era ancora in ferie ma costantemente al telefono.
"No, aspettate. È iniziata la fase attiva, vediamo come reagisce".
Il giorno dopo era lunedì, lui arrivava. Parlava con il personale in TIP. Poi veniva a conoscerci e a spiegarci. La shigatossina usciva sempre negativa, forse perché era sotto antibiotico. In più, i valori genetici non erano ancora arrivati. Ci avvisava, inoltre, che il giorno dopo sarebbe potuta arrivare l'apice della "crisi".
Matilde era il 4° caso in Lombardia per il 2024. Mediamente si registrano 100 casi l'anno in tutta Italia.
Qualche giorno fa ho visitato il sito dell'Istituto Superiore di Sanità (i dati escono sempre a giugno dell'anno dopo). L'anno scorso ci sono stati 57 casi di seu da Shigatossina, 54 pediatrici. 7 in Lombardia. 57 perché non c'è attualmente una effettiva rete nazionale che riesca a raccogliere davvero tutti i casi, regione per regione.
Passavano le ore in TIP, la creatinina continuava a salire. C'erano un po' di versamenti vicino gli organi ma monitoravano tutto. La tossina usciva sempre negativa. Lui non si preoccupava perché era sicuro fosse la tossina. Noi lo eravamo un po' meno perché temevamo una nuova mutazione non ancora studiata.
Visto che la tossina risultava ancora negativa, lui pensava che Matilde nascondesse una mutazione del batterio Escherichia coli classica (la classica diarrea del viaggiatore) esplosa, poi, in una imitazione della seu.
Era tutta una sua ipotesi ma riferiva che, in dieci anni, gli erano capitati altri dieci ragazzini che nascondevano la stessa mutazione.
Avevano mandato un campione in microbiologia per ricerca genetica ma, siccome i risultati necessitavano di giorni e la creatinina saliva ancora un po', decideva di farle una dose di un biologico che viene utilizzato per il trattamento della SEU atipica da mutazione genetica.
Ci diceva che, se era come credeva lui, dopo l'infusione avrebbe potuto iniziare a star bene. Se si sbagliava, non cambiava nulla, una sola dose non avrebbe creato problemi.
Intanto la sera, oltre al farmaco, le facevano una seconda trasfusione perché l'emoglobina era scesa a 6.
Alle visite neurologiche rispondeva bene ma faceva poca pipì, si aspettavano questo. Noi un po' meno. È ipertesa, loro se l'aspettavano, noi non proprio.
Le piastrine continuavano a scendere ed il martedì iniziava a riempirsi di macchiette su tutto il corpo. Ha l'attenzione del dottore. Le petecchie sono una rara conseguenza ma sono una conseguenza della seu. Il farmaco agirà, se agirà, in due tre giorni.
Giorno 17 luglio ci dicevano che la tempesta sembrava essere passataa adesso bisognava fare la conta dei danni.
Il 18 luglio il dottore ci comunicava che avrebbe avuto probabilmente qualche altra trasfusione, ma andava meglio.
"Lei deve restare sveglia e attiva così da controllare eventuali danni neurologici". MatilFati rimaneva, quindi, un'ora e mezza sul seggiolone a giocare e ballicchiare. Che gioia vederla, finalmente, fuori da quel lettino. I movimenti erano sicuramente difficili per via di tutti i drenaggi e le flebo ma lei giocava e sorrideva un po'.
La sera le facevano ancora una trasfusione, Mati però era più sgonfia e le avevano anche diminuito il diuretico perché riusciva ad urinare un po' meglio anche da sola.
Era il 19 luglio, MatilFati compiva 14 mesi e la creatinina era scesa a 2.7. Il rene sinistro andava benissimo. Il destro, invece, faticava ancora un pochino.
Il dottore ha autorizzato il trasferimento in reparto.
Quasi tutti i risultati delle mutazioni genetiche erano negativi... Ne restava uno solo che sarebbe arrivato a fine agosto.
Quella stessa sera MatilFati ha ricominciato a mangiare cibi solidi senza vomitare, come aveva fatto fino al giorno prima.
Il 20 luglio mangia ancora senza vomitare e decidono di toglierle le flebo. Finalmente è libera di girarsi e rigirarsi come vuole, nonostante ci sia ancora il CVC inserito.
Riesce anche a sollevarsi, da sola, sul lettino.
Il 21 luglio le tolgono il sondino naso gastrico e finalmente può andare in giardino a giocare.
Il 22 luglio i valori vanno meglio e decidono di dimetterci l'indomani nonostante l'ultimo esame anticorpale non sia ancora arrivato e non si sa quando arrivi.
Il 23 pomeriggio finalmente tolgono il CVC e ci dimettono. Mati finalmente sorride davvero di nuovo. È molto più sgonfia ed è allegra, quasi a voler comprendere il nostro piccolo sollievo.
Piccolo, sì perché nonostante lei sia a casa con noi, iniziano le nostre visite per valutare l'andamento del rene e della pressione.
Matilfati assumerà un antipertensivo fino a fine agosto e ancora oggi, a distanza di un anno, il suo rene destro non è ancora guarito al 100% e potrebbe non guarire del tutto ma non è un grosso problema.
Non potrà assumere FANS se non strettamente necessario e i farmaci che assumerà non dovrebbero gravare molto sui reni. La sua pressione si è quasi del tutto ristabilita.
Ovviamente questa esperienza ha rallentato le sue attività di crescita. Ha camminato dopo i 18 mesi e solo adesso inizia a dire qualche parola. Abbiamo anche dovuto fare un grossissimo lavoro per esorcizzare la paura del camice bianco - anche se ancora è titubante. E per questo dobbiamo anche ringraziare la nostra pediatra che ci è stata e ci sta vicino come fossimo una sola famiglia.
Non sappiamo se il percorso sarà ancora lungo o meno. Quello che sappiamo è che adesso vogliamo, a tutti i costi, sensibilizzare sulla tematica della Seu.
Non sappiamo come MatilFati abbia preso questa tossina ma vogliamo indicare cosa non fare e come prevenire le infezioni da Escherichia Coli produttrice di Shigatossina:
- Chiedere sempre se i formaggi sono a latte crudo, regola numero UNO. Non devono essere dati ai bambini. Nel dubbio, non dateli. È davvero importante. I formaggi a latte crudo possono avere dei batteri che agli adulti sani non fanno nulla ma per i bimbi possono davvero creare seri problemi. E non solo per i bimbi. Anche per donne in gravidanza. Anche per anziani. Anche per soggetti fragili. Soprattutto per i bimbi.
- Se siete in agriturismo o fattoria didattica o vicino a zone con mucche, assicurarsi che i bambini lavino spesso e subito le mani. Non possiamo sapere se le mucche hanno la diarrea. Nel dubbio, meglio prevenire.
Rientrando a casa, togliere immediatamente le scarpe con le quali si è stati sullo stesso terreno delle mucche, e pulirle.
Dare carne completamente cotta. Verificare soprattutto hamburger, carne trita e pollo. - Frutta e verdura lavati con acqua pulita, sempre.
- Stare attenti ad eventuali sorgenti di acqua contaminata.
- Rispettare la catena del freddo, soprattutto in estate. Portare borse frigo quando si va a fare la spesa. Prendere carne, pesce, salumi e formaggi come ultima cosa prima di pagare.
Se avete letto fin qui, sappiate che a noi è andata relativamente bene, ad altri no.
Aiutateci a condividere affinché la prevenzione diventi la prima arma per contrastare le infezioni da Escherichia Coli produttrice di Shigatossina, e la conoscenza vada di pari passo alla comunicazione efficace.