Fiorenza: l'importanza di non essere soli
Ho 32 anni e ho saputo dell'esistenza della Sindrome Emolitico Uremica - SEU circa un anno fa. Stavo vivendo uno dei momenti più belli della mia vita: la mia seconda figlia era appena nata, ero tornata a casa e avevo solo il desiderio di godermi le mie due bambine. Ma in pochi giorni è iniziato il mio incubo peggiore.
Già durante la degenza dopo il parto mi ero sentita debole e frastornata, ma il tutto era attribuito ai postumi del cesareo. Dopo 3 giorni a casa le cose sono peggiorate e ho dovuto essere ricoverata, tra l'altro in condizioni molto gravi. Da lì ci sono volute settimane prima di avere una diagnosi ed essere considerata fuori pericolo; ho affrontato trasfusioni, dialisi, plasmaferesi - PEx, ma soprattutto ho dovuto imparare a conoscere una malattia di cui non avevo mai sentito parlare, raccontata con termini incomprensibili, da medici che, troppo spesso, non ascoltavano le mie domande o davano spiegazioni frettolose.
Oggi per fortuna, grazie alla terapia disponibile, sto bene e posso godermi le mie bambine. Ma di quel periodo ricordo soprattutto la paura e la frustrazione, la sensazione di solitudine e di impotenza di fronte ad una cosa più grande di me.
L''associazione "Progetto Alice" mi ha fatto sentire meno sola. Mi ha fatto sentire parte di una famiglia, ma soprattutto mi ha fatto sentire compresa e ascoltata.
Convivere con la SEU per me non è facile, perché, anche se sembra andare tutto bene, dentro di me c'è un terremoto di dubbi, paure e insicurezze. Combattere questa battaglia insieme ad altri e sapere che ogni giorno qualcuno lavora per approfondire la ricerca sulla malattia ti aiuta a vivere meglio e ti da una grande forza.