Ogni esperienza ci aiuta a capire come affrontare il domani
Ciao, sono Francesca. Io e mio figlio siamo portatori dei uno dei deficit genetici che possono provocare la
comparsa della SEU Atipica.
La storia che vi racconto oggi però non è la nostra, ma quella di Stefano, mio fratello.
La SEU per lui è stata un’ulteriore complicazione in una vita già molto difficile. Un incidente a 16 anni gli aveva
infatti lasciato gravi danni a livello motorio e di comunicazione e quando, nel 2017 la malattia compare
all’improvviso la situazione a livello neurologico peggiora.
In quel momento la diagnosi è stata fatta in tempi rapidi, grazie all’intuizione di un medico del reparto Alta
Intensità medica dell’ospedale presso cui era ricoverato, che si è subito messo in contatto con il Centro per la
cura e lo Studio della SEU "Ilaria Destro" di Milano.
La somministrazione tempestiva di Eculizumab, ancora prima di avere l’esito del test genetico favorisce una
rapida ripresa di Stefano.
I problemi arrivano dopo.
Una volta avuta la conferma del deficit geneco, Stefano prosegue la terapia con Eculizumab. Il reparto che
lo ha in cura adotta il protocollo in uso al Centro SEU allungando gli intervalli di somministrazione, ma senza
confrontarsi con il Centro stesso. In occasione di un intervento, resosi necessario per la comparsa di una massa
sospetta, io stessa sollecito un contatto con il Centro SEU, consapevole del fatto che l’operazione potrebbe
scatenare una recidiva, ma non vengo ascoltata.
La recidiva in effetti si presenta ad una settimana dall’intervento, ma non viene riconosciuta come tale e non
gli viene somministrato Eculizumab. Il Centro SEU viene contattato solo 3 giorni dopo. La recidiva di SEU, che
noi familiari avevamo sospettato, viene confermata; finalmente si procede con la somministrazione del
farmaco, ma per Stefano è ormai troppo tardi. Se ne andrà dopo un paio di settimane.
Stefano avrebbe comunque avuto una vita complicata anche se la SEU non si fosse presentata e se la recidiva
fosse stata riconosciuta, ma l’esperienza vissuta con lui e la mia quotidianità oggi, mi insegnano che ancora la
SEU non è abbastanza conosciuta. O peggio, è conosciuta in modo superficiale e sottovalutata.
Progetto Alice e Paolo in particolare mi sono stati di grande supporto, ma a loro chiedo di continuare a
lavorare per diffondere la conoscenza della patologia, per far sì che ci siano Centri riconosciuti ovunque come
esperti della malattia e che questi Centri vengano interpellati per concordare i trattamenti delle persone
affette da SEU.